{Pillo ricorda}

Solitudine libera

Posted in Viaggiare by pillos on marzo 12, 2010

by Rob Dunlavey

Vi vedo ogni giorno, sempre uguali, le stesse facce. Ormai non vi distinguo più e allo stesso tempo siete sempre gli stessi. Giacca e cravatta nella berlina, la pelliccia nel SUV, il giubbotto di pelle nell’utilitaria.

Vedo i vostri vestiti, compresa l’auto, quel vestito-corazza che vi sobbarcate ogni giorno di ogni stagione. Avete sempre le stesse espressioni: noia e stupore. Noia perchè siete in coda e quando non lo siete per me siete solo macchie indistinte che viaggiano veloci.

Ogni giorno faccio la stessa pista ciclabile che costeggia quella strada, e voi lì, fermi aspettando il prossimo semaforo verde, il vostro singhiozzante incedere. E tutti voi mi guardate passare: noia e stupore. Con il freddo dell’inverno vi stupite al calduccio, e con il caldo dell’estate vi stupite li nel fresco dell’aria condizionata. Se piove vi stupite attraverso i vetri rigati dall’acqua, e quasi non ci credete mentre nevica e i fiocchi piombano sulla strada. Il vento mi colpisce o mi spinge e voi vi stupite.

Ogni giorno vi stupite e io con voi. Perchè ogni giorno affrontate le stesse strade, lo stesso traffico, con la stessa noia. Vi arrabbiate sempre negli stessi punti del percorso, e guardate sempre con lo stesso odio i semafori rossi e i bus alle fermate che ostacolano la via. Mi piacerebbe fermarmi e rassicurarvi. Sto bene, non sono malato o povero. E questa è una bici.

Cerco delle ragioni per tutte queste tonnellate di lamiera calda che tremano in qualsiasi periodo dell’anno. Abitate lontano, portate materiali pesanti, dovete andar veloci. Sono tutte valide ragioni per spostarsi con un mezzo che pesa 20 volte più di voi, e ha una velocità media pari ad un carro trainato da buoi. “Quanto ci mette lei ad arrivare al lavoro?”, “quindici minuti circa”, “è distante casa sua dal lavoro?”, ” quindici minuti se c’è traffico”.

Le distanze e il tempo sono relativi. Relativi al mezzo, e l’alternativa all’auto è un autobus, lento, affollato, maleodorante. Cinque chilometri sono una distanza che si compie in 15 minuti. Vuol dire che puoi fare ben 20 chilometri in un ora.

Cerco ancora una ragione. Guardo nelle vostre auto, vi conto. Uno, uno, uno, due, uno, uno. Tre! Sono tentato di fermarmi e stringervi la mano! Il famoso tentativo di car pool! In tre fate 200 chili su un auto che ne pesa 1500.

Sbircio ancora nelle vostre auto, scusate la curiosità. Siete impiegati, operai, dirigenti, studenti, uomini e donne, giovani e anziani. Qualche auto ha il seggiolino per bimbo fissato nei sedili posteriori. Da dove venite? Fuori città? Le statistiche dicono che il cinquanta per cento sono spostamenti in città di meno di cinque chilometri. I soliti 15 minuti di auto se non avete confidenza con le distanze.

Continuo a cercare giustificazioni e giudico. Utilitaria con donna mezza età seggiolino. Buono. Giovane su utilitaria sportiva con radio accesa a volume alto. Cattivo. Due anziani su auto vecchia. Non so. Provo a fare due liste con buoni e cattivi, non ci riesco, e di nuovo diventate una massa indistinta di carrozzerie variopinte che si perde dietro la curva. Perchè non posso giudicare, non vi conosco, non so che fate o dove andate. Posso solo vedere ogni giorno il vostro stupore e la vostra solitudine chiusi la dentro. E la mia di solitudine è una pista ciclabile, solitamente vuota e libera. Cinque chilometri, ogni giorno. Poco più che quindici minuti.